Ieri ho portato Matilda a Palazzo Blu a vedere la mostra di Toulouse-Lautrec e volevo raccontarvi la mia bella esperienza.
Valeria, la ragazza che ha accompagnato i bambini nel percorso della mostra, ci ha fatto una breve visita per avere un’idea di questo grande pittore della Belle Époque, per poi concludere con un laboratorio sui cappelli del tempo, facendoli creare ai bambini stessi.
Vi faccio una breve carrellata delle opere che abbiamo avuto modo di ammirare.
Dopo una prima visione dei vari video, che introducono alla mostra e che ci mostrano in maniera più diretta i vari modi di vita dell’epoca, i divertimenti, l’abbigliamento, Parigi stessa e che ci fanno calare in un’atmosfera ottocentesca, abbiamo iniziato con il primo manifesto commissionato a Toulouse-Lautrec, che rappresenta La Goulouse e Valentin Le Désossè, due grandi ballerini di quel tempo.
Già perché la mostra espone gran parte della produzione litografica dell’artista, che è considerato l’inventore del linguaggio pubblicitario, che oggi conosciamo.
I manifesti erano delle forme d’arte che diventavano per la prima volta pubbliche: dalle gallerie e dai musei si arrivava così alla strada.
Proseguendo abbiamo ammirato Cadieux, dove è raffigurato un uomo in frac, simbolo dell’eleganza di quei tempi.
Va detto, che qui vediamo già la passione per le stampe giapponesi, di cui Van Gogh, amico anche di Toulouse-Lautrec, era un grande collezionista e di cui molti artisti erano forti estimatori.
Il taglio è obliquo, per dare il senso dello spazio e della prospettiva, secondo il modello delle stampe giapponesi e i colori sono pochi e essenziali, proprio come si usa in pubblicità.
Un altro grande personaggio femminile è Yvette Guilbert, grande ballerina numerose volte ritratta da Lautrec. Solitamente si presentava in scena con guanti molto lunghi e in abito da sera.
E’ raffigurata sul palcoscenico e dal punto di vista per come può averla vista il nostro artista e anche i colori danno questo effetto, perché sembrano sparati e abbaglianti.
Nel Divan Japonais vediamo il manifesto del noto locale. Al centro della scena Jane Avril, che però non è la protagonista dello spettacolo, che è invece Guilbert e che è al locale insieme ad un noto critico musicale e giornalista del tempo.
E’ come dare importanza a questo locale, come la presenza del personaggio famoso che troviamo anche oggi in alcune delle pubblicità e che consiglia qualcosa da comprare o da fare.
Passiamo poi alla serie del Ballo della farfalla, un ballo molto in voga nei locali dell’epoca, raffigurato qui da Lautrec in una serie di litografie.
Vediamo allora come l’artista abbia reso protagonista il vestito più della ballerina e di come le varie opere diano il senso del cambiare colore dell’abito dato dalla luce, attraverso l’uso di colori diversi schizzati da Henri successivamente.
Proseguiamo un’opera di un artista italiano: Zandomeneghi, Al teatro, soggetto preso più volte da Lautrec, che vediamo nell’opera successiva, nella Loggia del mascherone dorato, dove notiamo anche il maggior movimento dato rispetto all’autore italiano.
Il tratto di Henri era molto veloce e se ci fate attenzione sempre composto da linee curve, che servivano a dare movimento.
Affascinante opera è quella della Revue blanche, dove è raffigurata una donna, Misia, che sta pattinando ed è raffigurata in tutta la sua bellezza, senza difetti o in maniera caricaturale. Era moglie di un editore, colta e con un salotto letterario, in cui spesso era invitato Toulouse- Lautrec.
Alla fine del nostro percorso di mostra vediamo alcuni schizzi dell’artista francese, fra cui una spiritosa caricatura o la raffigurazione di uno dei primi automobilisti, che ci fanno capire la passione del nostro personaggio per la velocità.
Passione che ritroviamo anche per le corse di cavalli e di questi animali in particolare, che Henri ha ereditato dal padre, che amava molto questi animali e ha proseguito l’amore per loro volendo dipingerli al meglio, come vediamo nelle opere finali e andando anche a scuola di un pittore specializzato in questo tipo di pittura.
Lautrec ci lascia con una sua frase piena di significato: Siamo brutti, ma la vita è bella! per esprimere la sua consapevolezza di non essere fisicamente bellissimo, ma di aver impegnato tutta la sua esistenza con le cose che preferiva, amava e gli davano passione, come consiglio a tutti noi.
Dopo la visita alla mostra abbiamo potuto continuare con il laboratorio in compagnia di Margherita, che ci ha mostrato e fatto costruire un cilindro, tipico cappello usato dagli uomini del tempo, con cartoncino e pezzi di stoffe, carte e pennarelli con cui l’abbiamo decorato in maniera personale e creativa.
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