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Escher impossibile e infinito

Escher impossibile e infinito

Escher a Pisa…e chi l’avrebbe mai detto che la mostra a Palazzo Blu riuscisse a sdoganare questo artista che molti, per chi lo conosce, associa solamente a quelle scale contorte e senza vie di uscita!?

Ho avuto modo di visitare la mostra ben due volte, di studiarmelo e fare anche di organizzare una serata abbinata a Valentina Puccini, psicoterapeuta e psicologa e quindi di vedere e approfondire le cose meravigliose che ha prodotto e che vi voglio raccontare.

Come è composta la mostra?

E’ una rassegna completa di tutti gli ipnotici e spiazzanti capolavori del genio olandese, Maurits Escher, tra cui anche quelli nati in Italia.

La mostra presenta oltre 100 opere di questo esploratore dell’impossibile andando ad indagare tutti gli aspetti della sua arte apparentemente bizzarra.

Si potrebbe iniziare dicendo

“Io mi muovo fra gli enigmi”

pensando all’arte e alla mente di Escher.

Nacque in Olanda alla fine del 1800 ed era figlio di un ingegnere civile.

Durante la scuola non fu uno studente brillante.
Nessuno dei suoi insegnanti, infatti, gli riconobbe particolari doti in ambito di logica e matematica e la sua istruzione non si spinse oltre la scuola secondaria dove, peraltro, fu costretto a ripetere il secondo anno.

“Escher è troppo ostinato, filosofico-letterato: al ragazzo mancano vivacità e originalità, è troppo poco artista”.

Questo quanto si diceva di lui successivamente quando iniziò ad approcciarsi all’arte.

Il paradosso è, che scienziati e matematici si appassionarono alle sue opere, prima dei collezionisti d’arte.

E un po’ come quelli che vivono fuori dagli schemi, quelli che a volte definiamo disallineati, a me viene stranamente a farlo rientrare nella tipologia del genio, come quel suo contemporaneo famosissimo Albert Einstein!

Direi che genio è qualcuno che vede delle cose nuove, dove tutti non vedevano niente.

E Escher crea delle realtà particolarissime e complesse.

“Il disegno è illusione: suggerisce tre dimensioni, sebbene sulla carta ce ne siano solo due.”

Possiamo dire che questo personaggio è un grande artista, non un matematico e comunque non si definiva tale, né un giocoliere delle immagini o un’illusionista.

Escher rivendica la libertà di creare mondi impossibili e il bello delle sue creazioni è che invita lo spettatore a guardare le cose da più punti di vista.

E nelle sue opere ritroviamo spesso quel mondo di stelle a cui ha sempre guardato e lo rivediamo nei suoi ricordi di bambino, quando il padre lo portava sul tetto della casa ad ammirare il firmamento.

Figura molto importante, il padre, che gli aveva anche insegnato ad amare ed apprezzare la natura, nucleo centrale di molti suoi lavori.

Davanti alla vita vegetale Escher prova un senso di ammirazione quasi mistica.

L’artista alla fine ebbe una vita anche abbastanza comune, si sposò abbastanza giovane con una ragazza, che conobbe proprio alla scuola d’arte e con lei condividerà i mille spostamenti e viaggi.

Nel 1923 venne in Italia e girò a lungo il nostro paese, traendo ispirazione da panorami ed architetture nostrane.

Escher adorava il paesaggio italiano.

Passando dalla prospettiva orizzontale dei Paesi Bassi alla visuale mediterranea, sicuramente più scoscesa, impervia e imprevedibile. Ama Roma e la immortala in scene notturne dalle prospettive inconsuete.

Come Roma rimane affascinato anche dalla costa Amalfitana, da San Gimignano o Siena.

Le sue incisioni non sono la visualizzazione di leggi geometriche o dimostrazioni obbligatorie, ma vere e proprie libere opere d’arte.

Immagini simbolo come il Grande occhio, che osserva e trasforma la realtà o Le mani che disegnano se stesse.

“Vedere due mondi diversi nello stesso identico luogo e nello stesso tempo, ci fa sentire come se fossimo in balia di un incantesimo. Solo un artista ci può dare quella illusione e suscitare in noi una sensazione eccezionale, un’esperienza dei sensi del tutto inedita”

Nei paesaggi di Escher non ci sono mai figure umane. Siamo veramente convinti che siano nati all’osservazione del reale?
Il paesaggio sono solo mondi interiori per lui.

“Noi non conosciamo lo spazio, non lo vediamo, non lo ascoltiamo, non lo percepiamo. Siamo in mezzo ad esso, ne facciamo parte, ma non ne sappiamo nulla…Vediamo soltanto sentieri, sogni…non vediamo lo spazio vero e proprio”

Sembra che nel 1935 il clima politico dell’Italia fascista gli divenne insopportabile e lasciò la penisola per recarsi in Svizzera.

Ma ad un certo punto pensò, che non ci fosse nulla di più magnifico del mare: “solo su una piccola barca; i pesci, le nuvole, il gioco eternamente nuovo delle onde ed i cambiamenti del tempo!”.

Allora contattò una compagnia marittima e si offrì di pagare un viaggio per lui e la moglie con alcune delle sue stampe, la compagnia accettò.

Continuarono i suoi viaggi nel Mediterraneo, che non servirono più come ispirazione per il suo lavoro, egli iniziò a prendere spunto da motivi interiori.

Lui stesso disse: in Svizzera, Belgio e Olanda ho trovato molto meno interessanti sia i paesaggi, che l’architettura, rispetto a ciò che aveva visto nel nostro paese. Mi sono così sentito spinto ad allontanarmi sempre di più dalla illustrazione più o meno diretta e realistica della realtà circostante. Non vi è dubbio che questo portò allo sviluppo delle sue “visioni interiori”.

Sono infatti di questo periodo le celebri “figure impossibili”.

“Siamo proprio convinti che il soffitto che vediamo, non sia piuttosto un pavimento?”

Contemporaneamente si svilupparono i suoi studi sull’infinito.
Vi è in lui la ricerca di un infinito ipnotico, giocato sul continuo scambio tra figura e sfondo, che evidenzia l’instabilità della nostra percezione, di quella che consideriamo ingenuamente realtà.

E c’è la passione per le Illusioni ottiche, infatti, a volte nella vita, si vede una cosa e in realtà è un’altra.

“Mentre disegno mi sento solo come un medium, controllato dalle creature che sto evocando. E’ come se esse scegliessero le forme in cui apparire”.

Sfere da cui osservare il mondo, scale che proseguono all’infinito e si intrecciano senza concludersi, uccelli in negativo e positivo, che volano giorno e notte e poi si trasformano in pesci…questa è l’arte di Escher!

I paradossi spaziali sono espressi benissimo dalle sue opere, dove l’artista, affascinato dalle simmetrie, dai motivi geometrici e dai trucchi ottici, si dedica allo studio delle prospettive impossibili, allo scopo di saggiare i limiti delle capacità percettive umane.

Nel 1930 la recente teoria della meccanica quantistica, spiegava come la realtà seguisse leggi diverse da quelle suggerite dal nostro intuito.

La meccanica quantistica è una delle maggiori rivoluzioni nella fisica del ventesimo secolo e, anche se può apparire bizzarra e lontana dal consueto vedere le cose, è probabilmente la descrizione della Natura più vicina alla realtà.

Nel frattempo, Einstein proponeva la sua teoria della relatività speciale, dove si mostrava come le leggi che descrivono cose molto veloci, sfidino i nostri criteri di buonsenso e che la materia è una tra le tante forme di energia.

Cominciava a farsi spazio, in sostanza, l’idea di una scienza capace non solo di aprire nuovi orizzonti, ma anche di trasmettere nuove e profonde inquietudini o, per usare le parole dello stesso Escher, “sensi di vuoto”.

E sicuramente nella mostra l’uso delle tecnologie e della multimedialità condurranno il visitatore nella dimensione più vicina all’arte di Escher e alla possibilità di “visitare” i suoi magici mondi, accompagnando i visitatori di ogni età, tra geniali illusioni, prospettive impossibili e giochi matematici.

“E allora andiamo a cercare di salirele montagne, senza stare fermi in basso, ma spingendoci verso quello che c’è sopra di noi. Per quanto mi riguarda le stelle!”.

 

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ilaria
Written by ilaria

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