Ho visitato recentemente Dalì experience a Bologna dopo aver visto la bella mostra su Dalì Palazzo Blu a Pisa, Il sogno del classico, di cui vi ho parlato già in questo post.
Ma sento che questo artista è talmente complesso da voler ripercorrere con voi la sua vita, per poter meglio comprendere anche la sua produzione artistica.
“Si usano specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima” Bernard Shaw
Dalì è stato un genio, consapevole della propria unicità e ha avuto la voglia e la persistenza di essere sempre al centro della scena, con le sua arte, le sue bizzarrie e stranezze, con i suoi pensieri e le sue azioni, ma soprattutto con la sua poliedrica personalità.
Ancora in vita si costruì la sua Casa Museo a Figueras, dove oggi è sepolto ad accogliere tutti i suoi numerosi ammiratori, ma anche quelli che sulla sua arte non capiscono molto, ma come si dice nella pubblicità “L’importante è che se ne parli”!
Interprete fra i pittori della psicanalisi di Freud, perché nelle sue opere metteva
tutto quello che gli passava per la testa e accusato più volte di essere pazzo.
Dalì anatomizza la realtà ed è stato il primo che ha reso effettivo ogni complesso e ogni desiderio insoddisfatto.
Fu un adolescente unico, che continuò nella sua vita ad avere sempre l’anima del ragazzo voglioso di scoprire il mondo, mettendosi anche alla prova in molti settori.
Dalì non si limitava ad immaginare i suoi mostri, ma li dipingeva!
Raccontava Gala (musa e compagna di vita) dell’attrazione dell’artista per gli oggetti più stravaganti e inutili, che si portava a casa, per trasformarli con la sua immaginazione di eterno bambino, nel meraviglioso mondo che animava i suoi lavori.
L’avventura di Dalì era iniziata con la sua nascita. Prima che lui nascesse, infatti, i genitori avevano perso un altro bambino, morto di meningite a sette anni, dando a lui il suo nome e la responsabilità di sostituirlo.
Questo doloroso episodio provoca a lui un forte trauma e sicuramente le storie familiari hanno un grosso peso sulla sua arte.
Il pittore visse comunque un’infanzia privilegiata, adorato dai genitori, sempre pronti ad appagare i suoi capricci e assecondare le prime manifestazioni della sua intelligenza.
Brillante e precoce in pittura non amava sottostare alla disciplina scolastica, non risultando quindi bravo nello studio imposto.
Il padre di Dalì pensava che l’arte fosse una professione così piena di incertezze, che non voleva per suo figlio.
Iniziarono qui i primi scontri, ma morta la madre acconsentì a fargli sostenere l’esame all’Accademia di Belle Arti di Madrid e l’esame andò bene, anche se Dalì dimostrò, ancora una volta, di voler fare di testa sua,
non seguendo le dimensioni del regolamento nella realizzazione della prova pittorica.
Le opere dell’artista dipinte fino ad allora mostrano l’influenza della tradizione impressionista ottocentesca, ma anche delle suggestioni del puntinismo di Seurat e Signac e il gusto per il luminismo di Bonnard.
Farà allora la conoscenza del poeta Garçia Lorca e del futuro regista Luis Buñuel, con i quali instaurò rapporti di amicizia e collaborazione.
In quel periodo viene influenzato dal cubismo, corrente ignorata dall’Accademia, ma che Dalì iniziò a sperimentare in alcune sue opere.
L’Accademia delude un po’ le sue aspettative. A un certo punto viene anche sospeso dalla scuola. Tornò a Figueras, dove il padre sarà ancora più deluso.
Torna a Madrid e a questo punto viene espulso dalla scuola.
Anzi è lui che si ritira con queste parole:
“Poichè nessuno dei professori dell’Accademia di San Fernando ha la competenza sufficiente per giudicarmi, io mi ritiro!”
In questo periodo dipinge molti paesaggi e sono gli anni dei ritratti.
Iniziano le prime esposizioni pubbliche.
Poi va a Parigi e conosce Picasso e il suo quadro più vicino all’arte cubista dell’artista di Malaga è sicuramente Donna sdraiata sulle rocce.
Iniziano poi i primi lavori dipinti con un forte legame con l’universo onirico, con immagini misteriose e sorprendenti.
In quest’epoca Dalì non è ancora entrato in contatto con i Surrealisti e la loro attività, tuttavia i suoi lavori sono già carichi di un forte senso del surreale.
In alcune sue opere di quel periodo Dalì affronta in maniera diretta le proprie inquietudini sessuali e le angosce più oscure, trasformandole in poesia.
Dalì lesse L’interpretazione dei sogni di Freud, libro che lo coinvolgerà parecchio.
Si può affermare che Freud fece con Dalì il suo trionfale ingresso nell’arte europea.
Dalì diverrà poi una delle figure centrali del Surrealismo.
Nel 1928 collabora con Bunuel alla realizzazione di un film: Un chien andalou.
Nel 1945 la scenografia per Io ti salverò di Hitchcock.
Poi incontrò Gala, russa, figlia di un avvocato, fuggita dal suo paese prima della Rivoluzione, più grande di lui e sposata con un altro uomo.
Rimarrà così affascinato da Gala, che diverrà il suo rapporto esclusivo durato tutta la vita.
Fra l’altro la donna si dimostrerà molto brava a gestire gli affari di Dalì e diventerà la sua manager.
A differenza degli altri surrealisti, Dalì non inventa dal niente i suoi scenari, ma in essi è possibile riconoscere luoghi della sua infanzia.
Nel 1930 Salvador e Gala si mettono alla ricerca di una casa, che acquistano a Port Lligat, dove nasceranno opere come La persistenza della memoria.
In Europa Hitler prende il potere, siamo nel 1933, ma Dalì rimane estraneo all’impegno politico.
I Surrealisti allontanano Dalì, ma in realtà era proprio il pittore ad essere egli stesso il simbolo del Surrealismo.
Nel 1934 arriva a New York dove si presenta con queste parole:
“Semplicemente trascrivo i miei pensieri e mi sforzo di dare forma concreta alle mie visioni, anche le più crude e le più fuggevoli; a tutto ciò che di misterioso, di incomprensibile, di soggettivo, di unico mi passa per la testa”.
Nella metropoli americana Dalì si trova a proprio agio e si dimostra in grado di rispondere perfettamente alle aspettative di questa società ricca, cosmopolita e fatua.
Tornò poi in Europa e nel 1936 Franco prese il potere.
Dalì lascerà nuovamente la Spagna e con il secondo conflitto mondiale si rifugerà in America, dove dipingerà ritratti di ricchi industriali, realizzerà disegni per Vogue, creerà gioielli e curerà il lancio pubblicitario di un nuovo profumo e pubblicherà la sua autobiografia “La vita segreta di Salvador Dalì”.
La guerra non lo lascia indifferente a livello anche artistico e le esplosioni atomiche gli forniranno ampio spazio di riflessione intorno al potere della scienza.
Il numero delle attività a cui si dedicherà fino in età molto avanzata è sorprendente, tuttavia la morte della compagna Gala, nel 1982, lo turberà molto e sembrerà spegnere in lui ogni energia.
Quando Dalì era malato disse: “Accendete un po’ la televisione voglio sapere come sto”
Morirà ritirato nella sua Casa Museo a Figueras 5 anni dopo.
[pgallery id=”4ZMX7PKD44″ /]
No comments yet.
No one have left a comment for this post yet!